Bertran de Born, Non puosc mudar un cantar non esparja
Non posso
stare senza che un canto sparga,
che Sì-e-no ne
dà fuoco e versa sangue,
e guerra fa un
signore scarso largo,
per cui amo
dei re veder la pompa,
che ci servano
pali, corde e pomi,
e siano tende
tese per star fuori,
e ci
incontriamo a mille ed a cento,
che se ne
canti dopo noi la gesta.
Onta gli dà e
di pregio lo fa scarso
guerra colui
che non si trova franco;
non credo
lasci Cahors né Carjac
il mio
Sì-e-no, tanto è buon saltimbanco;
se il re gli
dà il tesoro di Chinon,
guerra ha già
in cuore e ne avrà poi il potere:
travaglio e
spesa lo rallegran tanto
che gli amici
ed i nemici tempesta.
Ch’io ne avrei
colpi presi sullo scudo
e arrossato il
mio gonfalone bianco,
però ne faccio
a meno e me ne astengo
perché Sì-e-no
so che un dado m’impiomba,
e io non ho
Lusignan né Rancon
da far guerra
lontano senza un soldo,
ma aiuterò con
parole sapienti,
lo scudo al
collo ed il cappello in testa.
Se il re
Filippo avesse arso un covone
sotto Gisors,
o aperto a un fosso il fianco,
che a Rouen
irrompesse dentro il parco
e l’assediasse
dalla cima e dal fondo,
che non ne
uscisse carta senza colombo,
so ben io che
vorrebbe impersonare
Carlo che fu
il meglio dei suoi parenti,
che di Puglia
e Sassonia andò in conquista.
Mai nave in
mare, persa che ha la barca,
e per mal
tempo presta a scogli il fianco,
e corre più
d’una saetta d’arco,
e salta su e
cade giù sull’onda,
non stette
peggio, e so ben dirvi come,
di me per lei
che mai non vuole amarmi
né mi mantiene
patto o appuntamento,
per cui la
gioia che fiorì è in dissesto.
Vai Papiol,
presto, svelto e correndo,
e a Treignac
sii prima della festa;
dì a Ruggero
ed a tutti i miei parenti
che non trovo
più rime come queste.
Edita in Anticomoderno Uno. Convergenze testuali, Roma, Bagatto, 1995 (e già
prima in Scritti per Roberto Antonelli in occasione
dei suoi 50 anni, Roma, Bagatto,
1992).
Edizioni: Carl Appel,
Die Lieder Bertrans von Born, Halle,
Niemeyer, 1932;
Gérard Gouiran, L’amour et
la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, Aix-en-Provence,
Université de Provence, 1985 (da cui per lo più le informazioni
storiche di seguito
riportate per comodità del lettore).
Sirventese del 1188 o
1189 (ma prima della morte di Enrico II Plantageneto),
scritto con lo stesso schema metrico e le rime di Si·m fos Amors di Arnaut Daniel;
nella tornada Bertran
gioca con la fonte, dicendo che gli mancano le rime adatte per
arrivare allo stesso numero di strofe.
Sì-e-no è il soprannome con cui Bertran chiama Riccardo Cuor di Leone.
Cahors e
Carjac (seconda strofa) sono attualmente nel Lot. A Chinon
(Indre-et-Loire) si trovava,
a quanto pare, la cassa di Enrico II sul continente, che forse
era già stata razziata da
Riccardo: in questo caso l’esortazione del poeta è ironica. I
conti di Lusignano (Vienne),
cui si allude nella terza strofa, erano tra i più importanti
nella gerarchia feudale.
Rancon è oggi nel dipartimento Haute-Vienne.
Il primo verso della quarta strofa (Si·l reis Felips n’agues ars’ una barja, Appel) è di
lettura controversa; intendo barja
(barga) ‘covone’, e tutto il discorso
su Filippo Augusto
fortemente ironico: se avesse almeno compiuto imprese tali (in
realtà da nulla), allora
sì che si dimostrerebbe degno del più grande dei suoi
predecessori. Gisors (Eure) fu a
lungo oggetto di contese fra i Plantageneti e Filippo Augusto, e
anche sede di incontri
per trattative. Papiol
(nella prima tornada) è il giullare
più frequentemente nominato
da Bertran. Treignac è oggi nel Corrèze. Il personaggio della
seconda tornada è scono-
sciuto; oltretutto la tradizione manoscritta alterna miei parenti (di Bertran) con suoi
(di Ruggero).