Canto primo
Istruzioni per l'uso
Inoltre,
i fonti di tutta la locuzion poetica
si truovano questi due, cioè povertà di
parlari
e necessità di spiegarsi e di farsi intendere.
Vico
Un tronco
senza vita con una
patologica voglia di gettare
un ributto di rami, forse fiori,
in queste condizioni sudando sangue,
in questo letamaio sputando sangue,
cade in la selva e non gli è parte
scelta,
dove il fuoco contende ai topi il monte
di Cuccagna,
e i camion rovesciano ogni giorno
in aperta campagna
la tassa ai topi per difendere
la città dall’assalto degli affamati,
questo è parlare con il cuore in mano
su un piatto d’argento come il Battista
per avvicinare le sue parole,
flatus vocis.
Yes, but where is the business? Qui
all’oscuro
del movimento delle stelle,
con il cuore in gola, qui dove
l’albero del cachi gentile
di novembre figura
di nudità sospende i frutti
a un disegno geometrico di puri
tratti, smarrito il senso nell’aria
stanca di questa città che precipita
certe volte in un silenzio improvviso,
attendevo notizie,
ma da voi, dolci amici, non più il verso
e la vecchia armonia che lo governa.
Questa è una città che muore con un poco d’anticipo,
dove non scrivo il libro, dove l’assedio
è levato da sempre, impaludato
l’imbarco dei guerrieri: qui vibra una
lagna
come vento per fronda o come soffio
tra cortine malchiuse ascoltando
l’astratto annunciatore d’altrui pene;
qui un vago desiderio
rode fino alle lacrime il midollo
e scava un flauto in cuore a questa
pianta,
perché se non parole almeno un vago
desiderio abbia forma, benché difficile.
Qui vorrei dire, dove mi si recapita
la vita da lontano senza le istruzioni
per l’uso:
mai costei così nuda
con dignità offesa nuda come un verme
restò in dovere di giustificare le
piaghe
e fu spartita fra i soccorritori,
carne da cannone, inutile
vittima del piacere futile
di qualche divinità che pisola
con l’amante al caldo sulla sua isola:
at ille circummingit, disperando,
nudus virtutum tegmine, di mai più
ritornare nel guscio, vestimenta,
e spezzare da dentro con un gesto
inconsulto la forma più mirabile
di natura,
hortum conclusum.
Nato non era per l’azione,
ma lì dove fortuna lo balestra
l’incolpevole dorme il sonno del giusto,
poiché non fu creato per combattere
la buona battaglia neppure a parole,
né per condurre un popolo fuori dalle
peste,
né l’amante in Cina in gita di piacere.
Nato non per l’azione,
ma per guardare la televisione,
in queste pause del tempo, quando sente
distintamente la vita che si consuma da
dentro,
come resisterà all’attrazione
del rito quotidiano che vocia forte
parole senza senso, ma l’eco
logora certo ci risuona
d’una vecchia illusione:
sente al ritmo d’un rito di vegetazione
rinascere l’umano pecorone
zotico e vile, ma finalmente sazio.
E qui germoglia irresistibile
come dal caldo e umido il fagiolo
da una manciata di cotone,
un giorno come uno di questi a scuola
traversata la nebbia e corso Sempione:
signor maestro, può bene
leggere in me come in un manuale
che la mia vescica è speciale;
essa mi dà, ne deve convenire,
il diritto di andare e di venire:
quali radici s’afferrino, quali labbra
vadano succhiando l’esistenza
dove manca fin la parvenza
d’un orto, d’un giardino o d’un vaso,
o quali unghie graffino sul vetro
della casa felice ombre e colori,
quali bocche si bacino dietro
l’angolo, cosa pensino davvero
gli amanti il cui respiro s’appesantisce
come sapere e tollerare altrimenti
se una ferita di natura non fosse,
una singolare debolezza,
una viltà, una stranezza,
una differenza specifica?
Tristis abit senior
ieiuno ventre colui
di cui non è memoria. Dobbiamo pensare
a lui come a un lettore attento
del libro anche se un poco
rimasto indietro nell’apprendere
qualche pagina in apparenza
di secondaria importanza.
Pago di sé volentieri
prestando ascolto al consiglio del
medico
cresce in docile pianta lì dove
sembra lontana la diversità
dapprima delle lingue in un chiuso
giardino senza malizia. Lì
poté parere facile il suo compito:
di qua un cerchio, di là una retta, gli
dissero,
immaginate dunque che un movimento
tra i due realizzi un’armonia
prestabilita.
Immaginate una forma senza sostanza
di cui ogni sostanza sia attuazione,
e un’energia senza spiegazione, una mano
ossuta che traversa la ragnatela
e mette il dito sulla piaga: una fuga
d’insetti dalla pagina
rivoltata dal vento,
e una finestra che sbatte dentro un
liquido.
Pure per quanto s’affatichi
a immaginare il problema risolto
senza farsi ingannare
dal goffo scarabocchio, ombra fallace
d’una più vera forma che si nasconde,
non gli basta la buona volontà
che non lo roda il dignitoso verme
pascendo poi delle sue foglie
e non faccia finestra a un male oscuro,
se mette così lunga ostinazione
a decifrare nel disegno
che la mobile sferza
scrive del tempo sulla nuda scorza
col sangue almeno un segno
d’approvazione.
Se mai nume profondo e inconoscibile
in quest’essere viene a galla e parla,
alla fine stanco di questo mondo sub
specie
di simulati fremiti e vagiti,
interpellatus
dando fuori di matto perché la fine
dell’opera s’allontana ogni giorno un
po’,
ed è senza ragione
apparente la pena che si trascina
di baci sazio in piume ardue with
compliments,
cioè compreso nel prezzo, se mai nume
piange, potendo, lacrime sul muto
disinteresse dell’interno
legislatore e dello spazio celeste,
dobbiamo credere che siano
versi induriti di menzogna tanto
che il tormento dei cuori vi s’infranga,
e per forza n’esca a nudo il disdegno
una volta per tutte, chiaro e forte.