Marcabruno, Vers del Lavador (Pax in nomine Domini)
Pax in nomine Domini!
Di Marcabruno versi e musica.
State a sentire:
ci ha fatto per la sua bontà
Colui che signoreggia i cieli 5
vicino a noi un lavatoio
che mai tranne oltremare verso
Giosafàt ce ne fu uno simile,
e io a questo di qua vi esorto. 9
Lavarci a sera ed al mattino
dovremmo, secondo ragione,
ve l’assicuro:
di lavarsi han tutti occasione:
fin quando uno è sano e salvo 14
dovrebbe andare al lavatoio
che è per noi un vero toccasana,
che se si muore prima, invece
che in alto avremo casa in basso. 18
Ma Avarizia e Non-fede staccano
Gioventù dalla sua compagna.
Ah, che dolore
che i più vadano a volo là
dove si guadagna l’inferno! 23
Se non corriamo al lavatoio
prima che bocca e occhi sian chiusi,
non c’è chi tanto orgoglio ingrassi
che in morte non trovi il nemico. 27
Che il signore che tutto sa
ciò che è, che sarà e che fu
corona e nome
ci ha promesso d’imperatore;
e sapete di che bellezza 32
sarà chi andrà al lavatoio?
più della stella del mattino,
se vendichiamo Dio del torto
fatto qui e là presso Damasco. 36
Qui del lignaggio di Caino,
del primo uomo traditore,
tanti ce n’è
che Dio nemmeno uno onora.
Vedremo chi l’amerà in cuore: 41
con la virtù del lavatoio
benigno ci sarà Gesù!
E spazziamo via i miserabili
che all’augurio e alla sorte credono! 45
E i lussuriosi tromba-vino,
urgi-pranzo, soffia-tizzoni,
groppa-al-camino
resteranno in un gran fetore!
Dio vuole gli arditi ed i buoni 50
sperimentare al lavatoio;
gli altri staranno a casa loro
e baderanno a arare l’orto,
perciò li scaccio con loro onta. 54
In Spagna qui da noi il marchese
e i templari di Salomone
reggono il peso
grave dell’orgoglio pagano,
e Gioventù merita biasimo, 59
e il grido per il lavatoio
di qua investe i più gran signori
vinti, vili, senza virtù,
che non aman Gioia e Piacere. 63
Snaturati sono i francesi
se all’impresa di Dio si negano,
che vi ho affidato!
D’Antiochia qui il pregio e il valore
piangono Aquitania e Poitou. 68
Dio, Signore, al tuo lavatoio
dà pace all’anima del conte,
e qui guardi Poitiers e Niort
il Signore che fu risorto! 72
Testo: Silvio Melani, Intorno al Vers del lavador. Marcabruno e la riconquista ispanica,
«Medioevo romanzo», XXII (s. iii, ii),1997, pp. 88-106 (ne traggo anche vari suggerimenti
per latraduzione e per le note che seguono).
Canzone (vers per la terminologia dell’epoca) di predicazione o propaganda per la crociata
di Spagna, accostata a quella d’oltremare per dichiararne la pari importanza. È una delle
rarissime composizioni trobadoriche che abbiano circolato con un titolo, il Vers del lavador
(‘vers del lavatoio’), citato da poeti successivi. Il lavador, che ricorre come parola-rima martellante
al sesto verso di ogni strofa (come è mantenuto nella traduzione), è il luogo dove ci si possono
lavare i peccati combattendo contro i mori, in definitiva la guerra stessa.
Il conte di cui si piange la morte nell’ultima strofa, additandolo ad esempio di combattente per
la fede, è Raimondo d’Antiochia, principe e non conte, ma fratello del conte di Poitiers Guglielmo VIII
(Guglielmo X duca d’Aquitania), morto nel 1137. Raimondo morì in oriente il 27 giugno 1149;
la poesia pare da datare dopo l’arrivo in Spagna (dove Marcabruno era probabilmente al servizio
di Alfonso VII di Castiglia) della notizia della morte.
Il marchese della penultima strofa è Raimondo Berengario IV di Barcellona, di cui erano alleati
i Templari (ultima strofa: e cill del temple Salemo, alla lettera ‘quelli del tempio di Salomone’),
e che dall’inizio del 1149 portava anche il titolo di marchese di Tortosa, avendola conquistata
alla fine del 1148. Secondo Gaunt-Harvey-Paterson (1), la lode delle difficoltà che affronta e al tempo
stesso la deplorazione per l’aiuto insufficiente che gli viene dato dalla cristianità, in particolare
dai francesi, avrebbe meno senso dopo la presa di Lerida, avvenuta il 24 ottobre 1149.
Giosafat (nella prima strofa) vale come riferimento alla Terrasanta (la Valle di Giosafat è la
biblica sede del giudizio, cfr. Gioele 3, 2: «raccoglierò tutte le genti e le condurrò nella Valle di
Giosafat, e deciderò con loro sul conto del mio popolo e della mia eredità...»).
Naturale compagna della Gioventù (Joven), citata nella terza strofa (con la maiuscola per
segnalare come Marcabruno usi personificare vizi e virtù), nell’ideologia del poeta è la
Largueza o Generosità (compaingno dell’originale, maschile, ha qui il valore di ‘compagnia,
chi è compagno’).
La denigrazione, nella quinta strofa, dei mori come pagani superstiziosi (qu’en agur crezon
et en sort ‘che credono nell’augurio – nelle predizioni – e nella sorte’), ad onta del fatto che
l’Islam è monoteistico, è normale nella letteratura di crociata, a cominciare dalla celebre
Chanson de Roland.
Nella sesta strofa Marcabruno vilipende chi si tira indietro con alcune formazioni lessicali
caratteristiche del suo stile. Traduco con tromba-vino il prov. corna-vi. ‘Cornare il vino’ può
voler dire versare il vino da un recipiente ricavato da un corno (Melani), ma penso piuttosto a
cornar ‘suonare il corno’, dall’immagine del boccale o altro recipiente portato alla bocca come
per suonare uno strumento a fiato: trombare rende meglio questo senso in italiano (sebbene anche
cornare sia attestato in italiano antico); si tratta comunque di ubriaconi. Gli urgi-pranzo
(coita-disnar ‘affretta-pranzo’) sono i mangioni, i soffia-tizzoni (buffa-tizo) e groppa-al-camino
(crup-en-cami) sono quelli che se ne stanno al caldo vicino al camino, attizzando il fuoco e
scaldandosi la schiena (Giraut de Borneil userà il corrispondente crup-en-cendres, ‘groppa
nella cenere’, cioè vicinissimo al camino: per questo l’ipotesi alternativa, ‘accoccolati per la via
(cammino)’ è molto meno convincente).
Nella stessa sesta strofa trovo convincente la scelta di Melani per la lezione en fera pudor
(«nel terribile fetore [del peccato]»), anziché inz el folpidor o felpidor variamente interpretata
dagli editori, che ha tutta l’aria di nascere dalla corruzione del testo (a volte il giusto principio
di metodo di puntare sulla lezione ‘più difficile’, rispetto alla quale quella chiara sarebbe
una banalizzazione, porta a difendere e a cercare di interpretare parole fantasma o errori sicuri).
Al penultimo verso della stessa sesta strofa introduco quasi per scherzo una congettura
acrobatica di Gaunt-Harvey-Paterson fondata sul testo del ms. a1: e plantara[n] lur coutr’en l’ort,
alla lettera ‘e pianteranno il loro aratro nell’orto’ (interpretabile, a volerci credere, come
metafora sessuale, vista anche l’ossessione di Marcabruno contro il sesso-peccato),
contro e trobaran fort contrafort ‘e troveranno un forte avversario’ (naturalmente il diavolo),
che sa di poco e ha il difetto grave (ma non del tutto decisivo) di ripetere una parola in rima.
I francesi sono snaturati (desnaturatz, ultima strofa), o alla lettera lo sarebbero se dessero
seguito, come fecero, alle loro intenzioni di ritiro dalla crociata d’oriente, fallita dopo un
attacco a Damasco nel luglio del 1148.
(1) Simon Gaunt, Ruth Harvey, Linda M. Paterson, Marcabru: A Critical
Edition, Cambridge, D.S. Brewer, 2000.