Quartine


I

Mastico a vuoto uno spazio

buio d’immagini, uno strazio,

una noia appesa a un filo di rose

lungo una strada popolata di cose.

 

II 

Mordere labbra assenti per ricordo

quasi d’un nulla già in pasto al tempo ingordo,

parole distrattamente sulla bocca

risuscitate un giorno da un’albicocca.

 

III 

Vane parole come fiori

di stagione, un mercato denso d’umori,

dove sgranchirsi le giunture

gettando occhiate dentro le scollature.

 

IV 

In un giorno caduto per caso dal calendario

mi viene fatto di cominciare il bestiario

dall’animale politico che sa

di morire e s’affolla nella città.

 

V 

Per mille lire vendono la madre ai beduini,

sono sensibili al canto degli uccellini,

spargono lacrime davanti alla televisione

e sono facili all’indignazione.

 

VI 

Mangi troppo, bevi troppo, sei un animale,

ronfi nudo sul letto come un maiale,

basta guardarti, si capisce

che piano piano il fegato ti marcisce.

 

VII 

Tempi duri, tempi di prodigi e di segni,

tempi di maldicenze e di sdegni,

tempo di reticente sonnolenza,

tempo di giochi di pazienza.

 

VIII 

Tessendo sopra uno stagno

di silenzi una tela di ragno

mi scavo in mite solitudine

una tana fra il martello e l’incudine.

 

IX 

Sempre avuto un penchant per chi sopravviva

navigando poco lontano da riva,

prudentemente guerreggiando di corsa

senza troppo pericolo per la borsa.