Bernart de Ventadorn, Ara no vei luzir solelh
Non vedo più
il sole risplendere,
tanto se n’è
oscurato il raggio,
ma non per
questo mi scoraggio,
che una chiara
luce mi splende
d’amore che in
cuore mi raggia,
e quando gli
altri si scoraggiano
io mi
miglioro, non peggioro:
perciò il mio
canto non peggiora.
Vedo i prati
verdi e vermigli
come al dolce
tempo di maggio,
tanto amor
puro mi fa gaio:
neve è un
fiore bianco e vermiglio,
ed inverno
calendimaggio,
che la più
bella e la più gaia
l’amor suo in
dono m’ha promesso,
purché non me
lo neghi adesso.
Ho paura dei
mali intenti
per cui il
mondo decade e muore;
che ora
s’uniscono i peggiori,
e l’un con
l’altro pongon mente
come decada il
fino amore.
A! gente vile,
la peggiore,
chi a voi ed
al vostro intento crede,
che perda Dio
e in lui più non creda.
Per questi
m’angustio e lamento
che mi fan
triste, irato e afflitto,
e della mia
gioia s’affliggono.
E poiché
ognuno si lamenta
dell’altrui
gioia e se ne affligge,
non voglio
averli più sconfitti,
che col
piacere vinco e batto
chi più
aspramente mi combatte.
Notte e giorno
ho pensieri e veglio,
piango e
sospiro, e poi m’acquieto.
Meglio mi va,
meno son lieto.
Ma una buona
attesa mi sveglia
per cui i
pensieri miei s’acquietano.
Stolto! Perché
mi dico inquieto?
Che tanto
grande amore voglio
che mi giova
la sola voglia.
Madonna non si
meravigli
se le chiedo
il suo amore e un bacio.
Contro la
stoltezza che dico
farà una bella
meraviglia
se una volta
m’abbraccia e bacia.
Dio! Sarà mai
che mi si dica:
‘Come vi ho
visto e ora vi vedo!’,
tanto felice
mi si veda?
Fino Amore, io
sto con voi,
ma è
impossibile che si faccia,
se bontà
vostra non vi piace
(Dio penso che
per me lo voglia!)
che un tanto
fino amore io colga.
Ahi, donna,
per pietà vi piaccia
del vostro
amico avere grazia,
che tanto bene
vi s’ingrazia!
Bernart alla
sua donna grazia
chiede, che
bene se la ingrazia.
E se al più
presto non la vedo
non credo che
più in là la veda.
Testo: Bernart von Ventadorn, seine Lieder mit
Einleitung und Glossar,
herausgegeben von Carl Appel, Halle, Niemeyer, 1915.
La poesia non
contiene elementi di datazione. Nella resa metrica ho
cercato di riprodurre un’eco del gioco di rime derivative (tipo solelh: solelha),
ma ho rinunciato all’alternanza di octosyllabes maschili (in
italiano novenari
tronchi) e eptasillabi femminili (ottonari piani), uniformando
tutto in nove-
nari
piani.