Bernart de Ventadorn, Lo tems vai e ven e vire
Va via
il tempo e viene e gira
giorni
e mesi, mesi ed anni,
e io
ahimè non so che dire,
che ho
una sola voglia in mente,
sempre
quella, che non muta:
una
voglio ed ho voluta
che
mai m’ha fatto contento.
Lei
non perde il buonumore
e io
ne ho dolore e danno,
che mi
fa un gioco giocare
in cui
perdo doppiamente
(che
l’amore mantenuto
da uno
solo va perduto)
fino a
che non m’acconsente.
Dovrei
bene darne il biasimo
a me
stesso, e avrei ragione,
che
non s’è mai visto nascere
chi
servisse tanto invano;
se lei
non mi mette in riga
sarò
doppiamente sciocco:
‘folle
è audace, e poi le tocca’.
Non
sarò mai più cantore
e mai
più d’Eble discepolo,
perché
è inutile il mio canto,
le mie
volte, la mia musica,
né so
fare o dire niente
che mi
porti giovamento,
e non
vedo che migliori.
Mostro
gioia in apparenza,
ma son
dentro rattristato.
Chi ha
mai visto penitenza
fare
prima del peccato?
Più la
prego, più m’è dura,
ma se
presto non migliora
sarà
tempo di lasciarsi.
Però è
bene che mi vinca
a suo
pieno piacimento,
che,
se ha torto o tira in lungo,
pietà
avrà poi in un momento:
perché
mostra la scrittura
che se
è buona la ventura
vale
un giorno più di cento.
Non
andrò via per la vita
finché
resto vivo e sano:
quando
l’anima n’è uscita
vibra
ancora a lungo il grano;
anche
se non se ne cura
non la
voglio biasimare,
purché
d’ora in poi s’emendi.
Ah
Amor puro concupito,
e bel
corpo delicato,
viso
fresco e colorito
cui
Dio stesso pose mano,
sempre
vi ho desiderata:
nessun’altra
m’è gradita,
non lo voglio un altro
amore!
Dolce
e saggia creatura,
chi ha
in voi messo tanta cura
me ne
dia la gioia attesa!
Testo: Bernart von Ventadorn, seine Lieder mit
Einleitung und Glossar,
herausgegeben von Carl Appel, Halle, Niemeyer, 1915.
La poesia non
contiene elementi di datazione.
Eble, nella
quarta strofa, è Eble visconte di Ventadorn, noto come poeta
sebbene non ne sia rimasto nemmeno un verso. Per Bernart,
‘discepolo
di Eble’ (de l’escola n’Eblo, letteralmente ‘della scuola
di Eble’) significa
semplicemente
‘poeta’, ‘trovatore’; il senso è ‘smetterò di cantare’.