Bertran de Born, Chazutz sui de mal en pena
Son caduto nel dolore,
vado dove vuole il cuore,
e mai più
deporrò questo fardello,
che m’ha messo in tal catena
che non perde mai un anello,
e m’attira
con lo sguardo che mi tira
un’allegra dolce Lena.
Fatta ho lunga quarantena,
ma oramai
è il giovedì della Cena.
È così piena d’amore
che morrò se non mi dona
un bel bacio,
ma così son troppo audace!
Ogni bellezza terrena
le tre vincon di Turena
senza meno,
ma lei ne ha molto di più,
quanto l’oro della rena,
e non voglio aver Ravenna
né Roais
se non spero che mi tenga.
Non inganna di beltà
né illusioni affatto dà
la gioiosa
bella, giovane persona,
e è più bella se si spoglia,
che chi più le possa togliere
delle vesti
ancor più ne avrebbe voglia,
perché il petto fa parere
dì la notte, ed a vedere
più in giù
tutto il mondo splenderebbe.
Deve bene Amore uccidermi
per la più bella del mondo
vanamente,
che se la contemplo in viso
so che non sarà mai mia,
che può scegliere se vuole
fra i migliori
castellani e gran baroni,
perché ha lei la signoria
di Pregio e di Cortesia,
dei bei doni,
e di fare il suo dovere.
Mai sarà una corte vera
dove non si scherza e ride:
senza doni
corte è un parco di baroni;
e m’avrebbe certo ucciso
la noiosa villania
d’Argentan,
ma il gentil corpo amoroso
e il bonario dolce viso
e la cara compagnia
e il parlare
m’han salvato della Sassone.
Donna, qui in Normandia
son per voi la notte e il dì
pensieroso,
che il vostro aspetto gioioso
mi par sempre mi sorrida
..............................
Edita in Pietro G. Beltrami, Giochi di corte per Bertran de Born (Chazutz sui de
mal en pena), in Studi di
Filologia romanza offerti a Valeria Bertolucci Pizzorusso, a
cura di Pietro G. Beltrami, Maria Grazia Capusso, Fabrizio
Cigni, Sergio Vatteroni,
Pisa, Pacini, 2006, pp. 165-85.
Testo: Carl Appel, Die Lieder Bertrans von Born, Halle,
Niemeyer, 1932; cfr.
anche Gérard Gouiran, L’amour
et la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, Aix-en-
Provence, Université de Provence, 1985.
Come giustifico
nell’articolo citato, rispetto al testo di Appel, che per il resto se-
guo, al v. 36 leggo tot lo mon n’alumnaria (alla lettera
«[la donna] illuminerebbe con
ciò tutto il mondo»); ai vv. 17-21:
De tota beutat terrena
an pretz las tres de Torena
fi, ses ais,
mas ilh n’a sobre lor mais
tan quan fis aurs
sobr’arena...
(alla lettera: «su ogni bellezza terrena le tre di Torena
hanno vittoria pura, senza difetto,
ma lei ne ha una maggiore su di
loro, tanto quanto l’oro puro sulla sabbia»).
Canzone del 1182, per
Matilde di Sassonia, figlia di Enrico II Plantageneto,
presente ad una corte tenuta da quest’ultimo insieme col marito
Enrico il Leone
(duca di Sassonia in esilio).