Bertran de Born, S'abrils e fuoillas e flors


Se l’aprile e foglie e fiori,

e il bel giorno e chiara sera

d’una gioia che io spero

non mi fanno allegro e amore,

e l’usignolo che canta

e la verde primavera

che ci dà gioia e dolcezza

e la Pasqua bella e in fiore

alla mia donna più ardire

non danno, e meno il timore,

chissà quando ne avrò gioia.

 

Donna, se ho chiesto soccorso

altrove, non fu davvero;

e ecco qui al vostro piacere

me e i miei canti e le mie musiche,

e abbandono la dimora

che m’accolse tanto bene,

dov’è gioia, senno e valore:

chi sostiene gli sbanditi

per amore di se stesso

quando buoni fa gli accordi

dà agli impegni scioglimento.

 

È un piacere il vostro biasimo,

ricchi, di valere creduli,

che vorreste, senza doni,

per timore avere lodi,

e che non vi s’osi dire

quando agite in modo indegno!

Ma parrebbe per paura

se da me fosse coperto

conte o duca, re o visconte:

fate invece tali azioni

che di voi parlino bene!

 

Ce n’è di guerreggiatori

che han piacere di far male,

e non sanno come fare

quando son senza ingegneri,

che gli piace bombardare,

e son sempre equipaggiati

come Viviano di Tours:

non mi piace star con loro,

che mai pregio non ottiene

ricco senza gioventù,

dono e gioia per garanti.

 

E ce n’è di costruttori,

gran signori assai potenti,

che san reggere la terra,

e fanno porte e torrioni,

calce e arena e pietre quadre,

torri e volte e scale a chiocciola;

e son buoni mangiatori,

e i lor doni fan minori,

e non gliene viene pregio,

perché un tal comportamento

non fa onore tra i migliori.

 

E ce n’è di cacciatori

per non perdere l’usanza,

che si mostran gran signori,

che gli piaccion cani e astori,

corni tamburi e latrati,

che il lor pregio è tanto debole

e han così poco valore

e potere tanto scosso

che soltanto bestia o pesce

c’è ora più che gli obbedisce

e fa quello che comandano.

 

Ricchi che van per tornei,

se pur spandono gli averi,

neppur uno me ne piace,

tanto sono ingannatori.

Ricco che per guadagnare

va per i tornei banditi

per far prigionieri i suoi,

non gli è onore né ardimento:

ma la borsa lui non chiude

solo se riavrà i suoi soldi,

e perciò lo maledicono.

 

Voglio ricchi che aver sappiano

con amore cavalieri,

e li sappiano tenere

con onori e benefici,

e trovarli senza torto,

giusti e nobili e cortesi,

generosi donatori,

che così fu fatto il pregio,

di far guerre e far tornei,

e Quaresima ed Avvento

arricchissero i soldati.

 

Donna Tempra, ho avuto gioia

più che se io fossi re:

fiele misto con assenzio

mi s’è fatto ora pimento.

 

Papiol, se ne hai il coraggio

prendi questo canto e vai

a Sì-e-no, che gli dò in dono

dei discorsi che assai scottano.

 

    Testo: Carl Appel, Die Lieder Bertrans von Born, Halle, Niemeyer, 1932;

cfr. anche Gérard Gouiran, L’amour et la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born,

Aix-en-Provence, Université de Provence, 1985.