Giraut de Borneil, Si per mo Sobretotz no fos
Se non fosse il mio Soprattutti,
che mi dice ‘canta e sta’ gaio’,
mai il bel tempo che l’erba nasce,
né prati o rami o boschi o fiori,
duro signore, vano amore, 5
potrebbero ridarmi ardore!
Ma credo anch’io con lui
che, a terra e in fuga gioia,
cadan valore e i nobili,
e dacché s’estraniarono 10
dalla gioia i potenti,
di ciò che fa il peggiore
io non ho mai lodato
(che mi sono risolto
nessun ricco a invidiare) 15
chi male fa il signore.
Buono era il mondo quella volta
che gioia dovunque era accolta,
chi più ne avesse più gradito,
e ricchezza e valore uniti. 20
Ora chiaman prodi i peggiori
e prevale chi è più tristo,
e chi prende per sé
più che può dell’altrui
ne sarà più invidiato. 25
E violenza mi fa
che da brutta viltà
si colga pregio vero,
dovendo averne biasimo;
e a voi par fatto bene 30
che s’accordi valore
a chi si disonora?
Mal guidata è stata ragione
dacché dissero prodi i vili,
e i franchi e cortesi e sinceri 35
si contarono fra i peggiori,
e la colpa è dei gran signori,
se il giusto vacillò e s’infranse.
Che ora non so per chi
si toglie il feudo a chi 40
l’aveva a giusto titolo,
e se vi lamentate
diranno che va bene;
che colui che non nomino
sarà quello più amato, 45
e poi se vi occupate
di valore e corteggio
ci sprecate il corredo!
Vidi apprezzare le canzoni
e piacere le tresche e i canti; 50
ora vedo, poiché lasciarono
il piacere e le belle azioni,
e la sorte dei puri amanti
si volse da dritto in traverso,
che il giusto è in fuga volto. 55
Che se oggi hanno due volte
carni vini e granaglie
e compagnie di stolti,
pregio non lo dirò
(creduto ne sarò?), 60
perda pure il guadagno;
che ricchezza val poco
se in essa ci si sregola
senza una giusta regola!
Odo del re ch’era più prode 65
e più valente in tante prove
di chiunque nutra vivanda,
che superò mezzani e grandi
e s’accrebbe virtù ed onori
non temendo fatiche e affanni, 70
che se due lo rimpiangono
il terzo gliel’infanga,
che mi pare incivile.
Che credo mai nascesse
da Carlomagno in qua 75
re di migliore prova
rammentato e onorato;
ma non crediate tanto
ci sia per lui di pianto
che lo piangan tre insieme! 80
Che vale dunque la bellezza
e il potere, se così cade?
E già passavano oltre Edessa
il nome e il pregio e la paura
fra quei pagani ingannatori, 85
che nessuno più li respinse!
È in fallo chi ha allegria,
se così a un nulla sfugge
ciò che più s’ama e vuole;
perciò incolpo coloro 90
che più posson di qua,
se non preparan là,
al cambio dei poteri,
d’aver qualche conforto
dal loro gran splendore 95
davanti al re maggiore.
Che il mondo perfido ed odioso
dà valore a chi più s’attira:
vuole solo che il corpo ingrassi
e faccia quanto può il suo corso, 100
e non soccorso perde l’anima
da Lui a cui il patto spezzò;
perché uno non si può
tanto imbucare e chiudere
in mura belle e forti, 105
che quando passerà
al porto ove non può
sminuire lo sgomento
non sia imprigionato.
Perciò è un’idea assennata 110
pensare di qua bene
a evitar di là pene.
Lui prego, il solo detto
un Dio e Trinità,
mi salvi da esser folle 115
qui, che mi danni là.
Tutti onore gli portino,
non li danni là il torto!
Testo: Sämtliche Lieder des Trobadors Giraut de Bornelh, hrsg. von Adolf
Kolsen, Halle, Niemeyer, 1910-1935; cfr. anche Ruth Verity
Sharman, The cansos
and sirventes
of the Troubadour Giraut de Borneil: a Critical Edition, Cambridge,
University Press, 1989.
Poesia databile al
1199, per via del riferimento alla morte di Riccardo Cuor
di Leone (quinta e sesta strofa).
Ai vv. 56-58 leggo: Que ges, s’om se dobl’ui / las charns ni·ls vis ni·ls blatz /
e fols acompanhatz (deblui, Kolsen e
Sharman, è forma di un verbo che non esiste).
Al v. 117 leggo con
Sharman E chascus lo cortei, contro cor tei Kolsen.