Giraut de Borneil, Si.m sentis fizels amics
Mi sentissi un vero amante
certo accuserei Amore,
ma rinuncio per paura
mi raddoppi onta e tormento.
Ma posso dirlo senza danno:
dacché amai bene, ad inganni
non pensai né a infedeltà,
per cui ho avuto grandi mali,
che è il destino dei leali.
E se non frutta la spiga
come pare quando è in fiore,
credete piaccia al padrone?
No, ne ha cruccio ed afflizione,
e certo è in pensiero dell’anno
che verrà, quando sa e vede
che le cose non van bene;
che io ho visto un dì feriale
per me meglio d’un natale.
E ho già visto, che ero ricco
per i tempi che ora corrono,
che sentivo un disonore
molte cose che ora tollero,
che se accetta paziente un vinto,
sopportando senza arrendersi,
ciò che meno gli conviene,
ne ha per quanto gli sia pari
l’amore, eccelso l’amico.
E se uno fa l’offeso
per spaventarli nel loro,
se buon cuore non soccorre,
vano è che preghi o rimproveri:
giusto è un amante sia deriso
se da amore accetta affanno
e non l’allontana subito
quando vede che è venale:
ma è poi amore, uno tale?
Vecchi e giovani, credete
che correndo in suo potere
scelga dei mali il minore?
Ma nemmeno il re Luigi!
Dunque è da uccidersi pregando?
Dovrei farlo, che so e credo,
più che non dico per me,
che ai veri amanti sinceri
non migliora il loro avere.
Parrà ormai il mio canto predica,
e, così ami Dio, da tanto
non vedeste un trovatore
da onta e inganno meno offeso.
Ma per stendere meglio il canto
cerco buoni detti al freno
di remoti naturali
sensi caricati e pieni,
e non san tutti di quali.
Non m’importa; con pezzenti
senza pregio né valore
io m’adiro, che si vantano
quando perdono la presa.
Che se uno ha gioia, poiché
non gli va bene altrettanto,
son così alteri e spietati
che faranno un tale strepito:
«Che parliamo, noi, almeno!».
E poiché non serve predichi
che non sian sempre peggiori,
non mi va il piacere loro
quanto quello dei Gallesi.
Dio li fulmini! Che l’altr’anno
per un guanto – che ricordo?
Ma sarà sempre così! –
m’hanno fatto questi ipocriti
una guerra poi mortale.
Questo ho in mente, amica: che
dopo che fui comitale
mai più ebbi tanto male.
E tu e il tuo canto, che vali,
Giraut, senza i provenzali?
Testo: Giorgio
Chiarini, La canzone Si·m sentis
fizels amics di Giraut de Bornelh,
in Studi provenzali e
francesi 82, L’Aquila, Japadre, 1983 (Romanica vulgaria. Qua-
derni 6), pp. 5-18. Cfr. anche Sämtliche Lieder des Trobadors Giraut de Bornelh,
hrsg. von Adolf Kolsen, Halle, Niemeyer, 1910-1935; Ruth Verity
Sharman, The can-
sos and
sirventes of the Troubadour Giraut de Borneil: a Critical Edition, Cambridge,
University Press, 1989.
Canzone di difficile
interpretazione, la cui traduzione in alcuni punti è ipotetica
(la propongo com’è ora, in attesa di aggiungerci le note
indispensabili).