Guglielmo IX, Farai un vers de dreit nien
Farò un versus di puro niente,
né su di me né su altra gente,
né d’amore o di gioventù,
né d’altro mai,
anzi a cavallo fu, dormendo,
che l’inventai.
Non so con che sorte son nato,
non son gaio né rattristato,
né straniero né uno di qua,
non so che farci,
di notte fui così stregato
su una montagna.
Non so quando sia addormentato
o sveglio, se non mi si dice.
Quasi mi s’è il cuore spezzato
dentro d’un male,
e non m’importa un accidente,
per San Marziale.
Malato credo di morire,
non ne so che ciò ch’odo dire;
cercherò un medico a piacere,
e non so quale,
buono se mi potrà guarire,
non se va male.
Ho un’amica, non so chi sia,
non l’ho mai vista, in fede mia,
non mi compiacque mai né offese,
e che vuol dire?
mai fu normanno né francese
in casa mia.
Non l’ho mai vista e l’amo forte,
non m’ha reso diritto o torto,
se non la vedo non m’importa,
sto bene uguale,
ne so una bella più e gentile
e che più vale.
Fatto ho il versus, di che non so,
ed a colui lo manderò
che per altri lo manderà
là verso Angiò,
che del suo scrigno m’invierà
la controchiave.
Edita in Anticomoderno Uno. Convergenze testuali, Roma, Bagatto, 1995 (e già
prima
in Scritti per Roberto Antonelli in
occasione dei suoi 50 anni, Roma Bagatto, 1992).
Testo: Guglielmo IX d’Aquitania, Poesie, a cura di Nicolò Pasero, Modena,
STEM Mucchi,
1973.
Poesia non databile, se non entro i limiti
di vita dell’autore (1071-1126).
Rendo vers
del testo con versus (il genere
poetico paraliturgico mediolatino), che è
la sua
base etimologica. L’uso di questa definizione di genere da
parte di Guglielmo IX, in questa e
in altre sue poesie, ha
probabilmente un valore allusivo e dissacrante nei confronti della
poesia
religiosa.