Nota al Solstizio d'inverno


Il solstizio comprende, selezionate e riordinate, le mie poesie scritte entro il 1990, con autocensura di tutte quelle scritte prima del 1978. Ha circolato fra gli amici in varie forme prima e dopo il 1990, l’ultima volta, mi pare, nel 1997, insieme col suc­cessivo purgatorio del beato Pietro. Comprendeva allora 50 poesie (Marco Santagata mi disse una volta: sbrigati a pubblicare, se no non ne rimarrà nessuna – ma da allora siamo rimasti fermi a 35). Come tutte le altre mie poesia, si è letto dal 2005 in Internet.

Alcune poesie sono edite: mi piace ricordare che la prima uscita a stampa è una citazione dalla Caduta in un articolo di Bice Mortara Garavelli (L’appropriazione debita: i rimandi intertestuali in poesia, in Prometeo, 1982). Successivamente Walter Siti scelse, ordinò e intitolò, fra tutto quello che allora mi pareva pubblicabile, una raccoltina di 17 poesie, che pubblicò nel volume Nuovi poeti italiani 3 (Torino, Einaudi, 1984). Di queste sono ancora qui presenti Ecco gennaio pare aprile, I canarini, Nelle nostre città sono canori, Tre pinguini, La caduta, In queste camere stravolte, Esercizio dal vero, Esercizio alla vecchia moda, Esercizio con molte virgole, Doni per il solstizio d’inverno e guardia di notte.

Sono edite nel Nuovo Raccoglitore (pagina let­teraria della Gazzetta di Parma) del 1983 In queste camere stravolte, Esercizio con molte virgole e Il geranio francese; in un numero del 1984 Preludio al solstizio d’inverno (Marzio Pieri, cui si deve la pubblicazione, avrà sentito nel titolo un’eco del Viaggio d’inverno; in effetti se ho letto Bertolucci è stato merito suo).

Nel 1991, per iniziativa di Alessandro Fo, sono uscite nella Voce del Campo di Siena frammento di viaggio e una sola delle Quartine.

A Francesco Spera si deve la pubblicazione in Astolfo, nel 1995, della Poesia di ventinove versi, di a metà della vita e della Canzone frottola.

Jean Robaey ha pubblicato in Frontiera, nel 1996, Sogni di gloria.

 

Come usa fare, ho di tanto in tanto inserito, tal­volta manipolandole, citazioni da vari autori, che non dichiaro puntualmente perché non mi pare il caso di scrivere un commento a me stesso (a tacer del fatto che di alcune mi sono dimenticato).

 

Riccardo Carminati,

padrone del Caffè del Tasso di Bergamo, luogo caro della mia adolescenza, morì molto precoce­mente nell’estate del 1980. In una precedente reda­zione di questa raccolta c’era una poesia in sua memoria, scritta nel 1982, che a una successiva ri­lettura mi è parso meglio omettere.

 

Nelle nostre città sono canori

Nella prima redazione avevo scritto ... scopren­do / al tatto ... Mette conto registrare l’inversione, perché la devo a un suggerimento di Paolo Brigan­ti, quando eravamo colleghi a Parma nel 1979.

 

Canto primo

la tassa ai topi: costruito l’inceneritore, si disse però che se si fosse eliminata la collinetta dei rifiu­ti cittadini i topi, che se ne nutrivano, si sarebbero rovesciati a valanga in Pisa (i luoghi di questa poe­sia sono in realtà immaginari, ma non è senza im­portanza che sia stata scritta vivendo a Pisa, e che la mia infanzia sia trascorsa a Milano non lontano da corso Sempione).

 

Essendo là

Being there è il titolo originale di un film di Hal Ashby che in italiano si è intitolato Oltre il giardino.

 

Il geranio francese

La situazione descritta è quella di un ascoltato­re di Radio Montecarlo a Pisa: il cattivo tempo che gli speaker dicevano di vedere fuori dalle loro fi­nestre arrivava lì infatti entro una mezza giornata.

 

Canto secondo

La vita non ci dà che trasalimenti, l’unico ver­so che scrissi durante il servizio militare, fra il 1976 e il 1977, trovò posto in questa poesia dopo molto tempo.

Non è più il caso che un Ulisse navighi / tutto quel tempo dentro una pozzanghera era l’inizio di una breve poesia del 1970, che poi lasciai cadere.

Sebbene fosse certo il colonnello ... e i versi se­guenti ripetono il discorso del mio comandante (te­nente colonnello, per la verità) per la festa della fanteria del 1976, al battaglione Venezia di stanza a Siena.

 

Diario dell’autunno ‘84

il gesuita Giovanni Rho con quello che segue nella parentesi è copiato di peso (a parte gli a ca­po) da una tesi di laurea che sfogliavo distratta­mente al banco della commissione.

 

Canzone frottola

Il cavalier Pietro Beltrami era mio nonno e rac­contava davvero la storiella dell’imperatore di Germania.

 

Sogni di gloria

Il quarto di miglio è una misura prediletta dagli americani per le scommesse, prima nelle corse di cavalli, poi anche in quelle di dragster.

Il condottiero è Nino Bixio, sulla nave che an­dava in Sicilia, secondo il racconto di Bandi.

Marzio è Marzio Pieri, di cui fui collega a Par­ma.

 


Rondò sbilenco a due voci

Amicorum fu un ristorante con una grande cuci­na, che non riuscì ad avere una clientela. Patrizia Lechi fa ancora il pasticcio di fagiano, ma solo per gli amici. Da qualche parte ci dev’essere una ver­sione della ricetta che scrissi per lei in forma di ca­pitolo ternario. Mi duole di non aver saputo scri­vere nulla per il risotto di piccione e datteri fre­schi.