Bernart de Ventadorn, Ges de chantar no.m pren talans
Non mi va
affatto di cantare
tanto mi
spiace ciò che vedo,
che ci si dava
assai da fare
per aver
pregio, onore e lode,
e ora non vedo
più e non odo
che nessuno
parli d’amore,
e perciò
cortesia e valore
e piacere sono
in dispregio.
Dai baroni
viene l’inganno,
che non amano
in buona fede,
e da ciò viene
agli altri il danno,
che non se ne
ha di che gioire.
Non per altro
amore finisce,
che facilmente
uno amerebbe
che non lo fa,
che non saprebbe
secondo amore
comportarsi.
D’un amore son
fino amante
che non
invidio un duca o un conte,
e non c’è al
mondo re né emiro
che a averne
tanto, come me
non si
sentirebbe arricchire;
e se la
volessi lodare
non potrei
dirne tanto bene
che molto di
più non sia il vero.
Non c’è cosa
che fa valere
come l’amore e
il corteggiare:
da qui viene
piacere e canto
e tutto ciò
che fa il valore.
Senza amore
uno non val niente,
e perciò non
voglio che sia
mia del mondo
la signoria
se poi gioia
non ne so avere.
Di lei mi lodo
cento volte
più che non so
dire, e ho ragione,
che quando può
mi fa buon viso
e mi parla
dolce e soave;
e (che gioia!)
fece annunciarmi
che era
soltanto per paura
che non poteva
di più farmi,
e perciò posso
ben sperare.
Nobildonna
bella e valente,
per Dio, pietà
di me abbiate,
e per niente
non dubitate
del vostro
puro amico vero.
Potete farmi
bene e male,
questo resti
in vostro potere,
perché io sono
sempre pronto
a fare ogni
vostro piacere.
Fons Salada,
mio traduttore
siatemi al re,
il mio signore,
e che da lui
non vado dite
perché mi
tiene il Mio Magnete.
Come ha la
Turenne e il Poitou,
ed ha l’Angiò
e la Normandia,
vorrei, com’è
giusto che sia,
che avesse il
mondo in suo potere!
Il vers quanto
più lo si ascolta
sempre di più
va migliorando,
e per via ci
vada imparando
chi su al Puy
lo vorrà sapere.
Edita in Marco Santagata, Laura Carotti, Alberto
Casadei, Mirko
Tavoni, Il filo rosso. Antologia e storia della letteratura italiana, Bari, Editori
Laterza 2006, vol. 1, tomo 1, pp. 136-37, e in Marco Santagata, La
lette-
ratura nei secoli della tradizione. Dalla
«Chanson de Roland» a Foscolo,
Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 18-19.
Testo: Bernart von Ventadorn, seine Lieder mit
Einleitung und
Glossar, herausgegeben von Carl Appel,
Halle, Niemeyer, 1915.
Nella resa metrica ho
uniformato in novenari piani l’alternanza
dei versi, che nell’originale sono octosyllabes maschili (in
italiano
novenari tronchi) e eptasyllabes femminili (ottonari piani).
Il re di cui si parla
nell’ultima strofa è Enrico II Plantageneto,
salito al
trono nel 1154 e morto nel 1189.