Bertran de Born, Quan la novela flors par el verjan
Quando il
fiore novello esce sul ramo
che ha rossi,
verdi e bianchi i ramoscelli,
per la
dolcezza del giro dell’anno
canto anch’io
come fanno gli altri uccelli,
perché mi
sento anch’io un uccello in molto,
che oso volere
il meglio che c’è al mondo;
volere l’oso e
avere cuore ardente,
ma non
gliel’oso dire e lo nascondo.
Io amante non
sono e amor non fingo,
che ne ragioni
a donna o a lei m’appelli,
e non
corteggio: e mi vale altrettanto,
perché
intriganti falsi, odiosi e indegni,
villani,
ineducati ed ignoranti
di me hanno
detto ed hanno fatto tanto
da far pensare
che la più gentile
mi tenga gaio
ed in gioiosa voglia.
Senza donna
d’amor non si fa canto,
ma un
sirventese farò fresco e nuovo.
Poiché educare
credon guerreggiando
i baroni il
signore di Bordeaux,
e per forza
farlo cortese e franco,
farà male a
non essere villano,
che se
risponde ognuno ne abbia gioia,
e se li pela e
rade non dia noia.
Onta ne avrà
se perde il suo affanno
in Limosino
ove ha tanti quadrelli
scoccati, e
tante torri e mura e spalti
fece e sfece,
e abbatté tanti castelli,
tanto denaro
tolto e dato e speso,
e tanti colpi
dati e avuti e presi,
e tanta fame e
sete e tanto sonno
com’ebbe lui
da Agen fino a Nontron.
Un punto
sappian Bretoni e Normanni,
quelli
d’Angiò, del Maine e del Poitou,
che d’Ostabat
fino là a Montferrand
e da Rosiers
fino là a Mirabel
non ci sarà
chi non lo veda in armi.
Poiché lo
vuole e ne ha diritto il conte
chieda la
terra ora di sant’Edmondo
finché ne
ottenga il crisma sulla fronte.
Rassa, per voi
restan qui protestando
in Limosino e
di qui a Monmaurel:
a vostro pro
faceste il loro danno,
m’han detto
Aimar, e il signor di Martel,
don Talhafer,
don Folcaus, don Jaufré,
e tutti quelli
ch’ebbero in voi fede.
Non ebbero da
voi i patti che hanno,
ma grati al
conte Raimondo ne vanno.
Vai,
sirventese, a Raimon Gauceran,
a Pinos, e con
mie parole dillo
quanto alto è
ciò che dice e che domanda
lei che tiene
Cabrera e fu d’Urgel.
A Mio Fratello
mille grazie rendo
di Berguedà,
che pura gioia ottenne
per me e mi
fece gaio interamente
quando ci
separammo in cima al ponte.
Gauceran
d’Urtz e il fratello Raimondo
come parenti
miei amo altrettanto.
Come tutti gli
uccelli l’aquilotto,
la più cortese
tiene le altre sotto.
Edita in Anticomoderno Uno. Convergenze testuali, Roma, Bagatto, 1995 (e già
prima in Scritti per Roberto Antonelli in occasione
dei suoi 50 anni, Roma, Bagatto,
1992).
Edizioni: Carl Appel,
Die Lieder Bertrans von Born, Halle,
Niemeyer, 1932;
Gérard Gouiran, L’amour et
la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, Aix-en-Provence,
Université de Provence, 1985 (da cui per lo più le informazioni
storiche di seguito
riportate per comodità del lettore).
Sirventese non
databile con precisione, ma scritto fra la morte di Enrico il
Giovane (11 giugno 1183) e quella del fratello Goffredo di
Bretagna (19 agosto
1186), cui Bertran si rivolge col soprannome Rassa nella sesta strofa.
Il signore di Bordeaux della terza strofa è
Riccardo Cuor di Leone. Nella quinta
strofa, Montferrand è
Clermont-Ferrand; Mirabel è probabilmente il castello di
Mirebeau, alla frontiera del Poitou; la terra di sant’Edmondo è l’Inghilterra. Nella
sesta strofa, Monmaurel
è Montmoreau (Charente). I signori nominati nella stessa
strofa dovrebbero essere, nell’ordine, Aimar V d’Angoulême,
Raimondo II di Turenne,
Guglielmo V Tagliaferro d’Angoulême, Foucault d’Archiac e
Goffredo di Lusignano,
tutti coinvolti nelle guerre intestine del dominio dei
Plantageneti; il conte Raimondo
dovrebbe essere Raimondo V di Tolosa. Nella settima strofa, Raimon Gauceran
(o Galceran) è un nobile catalano probabilmente ostile ad
Alfonso II d’Aragona; la
donna nominata è Marquesa d’Urgel, moglie del nobile catalano
Pons de Cabrera,
molto celebrata dai trovatori. Mio Fratello di Berguedà è Guilhem de Berguedà,
nobile catalano in lotta contro Alfonso II d’Aragona e trovatore
di grande valore,
vicino per molti aspetti a Bertran del Born; l’episodio cui si
allude è oscuro. I due
d’Urtz nominati nella prima tornada
occupano un posto importante nella gerarchia feu-
dale catalano-aragonese.