Giraut de Borneil, Lo dolz chans d'un auzel


Il canto d’un uccello

dolce dentro un recinto

l’altrieri mi sviò

dalla mia via e attirò,

ed alla siepe accanto

dov’era l’uccelletto

tutte insieme piangevano

tre giovani cantando

l’ingiustizia ed il danno

fatti a gioia e a piacere;

e venni là più svelto

per sentir meglio il canto,

e dissi loro tanto:

«Bimbe, di che cantate?

Di che vi lamentate?».

 

E riprese il mantello

la più grande e sapiente,

e disse: «D’un malanno

che i mali ricchi fanno,

che uccide gioventù:

come le è un prode guida

col suo pregio per farla

crescere e migliorarla,

si son dati al suo danno

i malvagi peggiori,

che se vi rallegrate,

o appena lo mostrate,

questi vi conceranno

che gioia non abbiate,

se non siete dei loro».

 

«Bimba, certo non vanno

svelti alle belle azioni

come i predecessori,

quando gioia abbondava

e il canto era gradito.

Io stesso, e son smarrito,

non trovo chi mi mandi

a chiamare e domandi,

anzi m’han rapinato

fra tre re celebrati

l’altr’anno, e uno dei tre

ora nemico m’è,

e s’è visto al cavallo

che mi fu ben donato,

ma a male il dono è andato».

 

«Signore, un brutto peso

sopra di sé affardella

chi ruba a stipendiato

e se ne veste e pasce,

e il luogo è svergognato

dove costui è ospitato.

Questi vili ladroni

pieni di male e inganno,

se gli dà protezione

qualche grande signore

non ne può avere onore,

che di certo diranno

quelli che non sapranno

che colpa lui ne ha,

o prende la metà».

 

«Amica, in primavera

allegri sempre si era,

ora un giardino sdegnano

se non li ingrassa il frutto,

né canto e clamore amano.

Smarrito è il mondo tutto,

e di più i giovinetti

che conforto non hanno;

che vidi per un guanto,

gli si fosse mandato,

contendere i baroni

fino alla fin dell’anno:

ora vi smentiranno

i loro stolti amori

da cui il pregio s’è tolto».

 

«Signore, le fortezze

da cui il malanno viene,

e mura e terrapieni

per dritto e per traverso

tolto han doni e conviti,

ch’ora non si è forniti

senza far catapulte

che passino i bastioni,

per cui starà a gridare

un villano agitato

tutta la notte: “Allarme!,

che ho sentito trambusto”,

e allora s’alzeranno,

e voi, se non v’alzate,

ne sarete accusato».

 

«Che serve ribellarmi,

amica, o rattristarmi?

Pensate che i peggiori

si slancino a ben fare

per simili colpetti,

o un giovane indurito

tirato per la pelle

possa esser migliorato

se è un poco bacchettato,

o avvenga facilmente

che un prode se pregato

si conceda alla pari?

Ne temerà l’affanno

e si terrà gravato

solo che domandiate».

 

«Amico, se il signore

di Bordeaux non si prende

questo peso e non fa

che al fondo non discenda

il mondo, va in malora!

Che se gioia è mancata

non chiama affatto il resto

al buon valore giusto,

e certo non andranno

Dio né fede né pace

dov’è un signore tristo,

che a lui s’adeguerà

chi intorno a lui sarà,

ma se gioia gli piace

tutti allegri saranno».

 

«Bimba, io smetterò

di cantare quest’anno,

se va al mio Soprattutti,

perché non ho fortuna».

 

«Signore, i due Bertran

so io che vi diranno:

che di molto sbagliate

se abbandonate il canto».

 

«Bimba, non è onorato

chi ama disamato».

 

«Signore, sopportate,

così sarete amato!».

 

    Testo: Sämtliche Lieder des Trobadors Giraut de Bornelh, hrsg. von Adolf

Kolsen, Halle, Niemeyer, 1910-1935; cfr. anche Ruth Verity Sharman, The cansos

and sirventes of the Troubadour Giraut de Borneil: a Critical Edition, Cambridge,

University Press, 1989.

    Di questa poesia parlo in Giraut de Borneil, la pastorella ‘alla provenzale’ e il mo-

ralismo cortese, «Zeitschrift für französische Sprache und Literatur», CXI, 2001,

pp. 138-64. Ivi anche un’ipotesi sulla data, che potrebbe collocarsi fra il 1185 e

il 1189.

    Il signore di Bordeaux è probabilmente Riccardo Cuor di Leone (secondo Kolsen,

invece, suo padre Enrico II Plantageneto).

    I due Bertran secondo Kolsen sono Bertran I de Baux (morto intorno al 1180/81)

e suo figlio; va però almeno considerata l’ipotesi che si tratti di Bertran de Born e

suo figlio.