Bernart de Ventadorn, Amors, e que.us es vejaire?

Amore, e che ve ne pare?

C’è uno più stolto di me?

Voi pensate possa amare

senza mai trovar pietà?                                    4

Checché a me diciate fare

lo farò, che è il mio dovere,

ma non sta a voi niente bene

che mi diate sempre pene.                              8

 

La più nobile che c’è

amo più che nulla al mondo,

però lei non mi ama affatto,

e non so capir perché.                                   12

Quando penso di levarmene,

non si può, Amore mi tiene:

son tradito io, il suo fedele,

posso bene, Amore, dirvelo.                         16

 

Con Amore avrò a combattere,

non ne posso fare a meno,

che mi fa a un tal fine tendere

da cui gioia mai non spero                           20

(mi dovrebbero impiccare,

che in cuor mio osai sperare),

ma non ho affatto il potere

contro Amore di difendermi.                       24

 

Però Amore sa discendere

dove gliene vien piacere,

e sa il giusto premio rendere

degli affanni e del dolore.                           28

Non può farmela pagare

tanto che più non mi doni,

si degnasse lei vedermi

e le mie parole intendere.                           32

 

È spiacevole e noioso

senza sosta pietà chiedere,

ma l’amore che è in me chiuso

non son buono di nasconderlo.                 36

Ahi! Non dormo e non riposo

e non ho quiete in un posto,

e non posso più resistere

se il dolore non s’allevia.                            40

 

Io so bene gli argomenti

da mostrare alla mia donna:

che nessuno può né osa

contro Amore contrastare,                        44

perché Amore vince tutto

e per forza mi fa amarla,

e così può capitare

anche a lei in un momento.                      48

 

Donna, niente vi può dire,

se ci penso, con che cuore

buono e puro vi desidero,

che mai nulla ho amato tanto.                 52

Sarei stato dai sospiri,

donna, ucciso un anno fa,

senza un vostro bel sorriso

che raddoppia il desiderio.                      56

 

Solo ridere e scherzare

vi fa, donna, il mio pregare,

ma se voi amaste tanto,

altro ne dovreste dire!                             60

 

La canzone impara a dire

Alegret, e tu, Ferran,

vai a darla al mio Tristan

che sa ben scherzare e ridere.              64

 

 

    Testo: Bernart von Ventadorn, seine Lieder mit Einleitung und Glossar,

herausgegeben von Carl Appel, Halle, Niemeyer, 1915.

    La poesia non contiene elementi di datazione. L’attività del poeta

si colloca approssimativamente fra la metà del XII secolo (la poesia

databile più antica è anteriore al 1147-48) e l’inizio degli anni 70.

    Nella resa metrica, mantenendo gli eptasillabi (in italiano ottonari)

dell’originale, non ho resistito alla tentazione di usare quasi tutti ottonari

‘all’italiana’, con accento sulla terza sillaba; così ne viene fuori un ritmo

vagamente settecentesco, che però non guasta, se si vuol cogliere la sottile

commistione di discorso amoroso ‘tragico’ e ‘scherzoso’ (il cui secondo

termine va facilmente perduto nella lettura) che è una delle ragioni del fascino

del poeta. Va anche notato, a conforto, che A penas sai comensar di Giraut de

Borneil è tradotta allo stesso modo, e lì questo effetto non si verifica; il che

forse dice qualcosa sulla natura del dettato di Bernart, almeno in questa canzone.

    Alegret, uno dei due giullari cui si rivolge il poeta nella tornada, è forse da

identificare con l’autore di due vers, uno dei quali veramente notevole, di

spirito marcabruniano.