Marcabruno, Al departir del brau tempier

All’uscita dal tempo crudo,

che risalendo il ramo il succo

ridesta la ginestra e l’erica,

e son di nuovo in fiore i peschi,                           4

canta la rana nel laghetto,

e gemman salice e sambuco,

di fronte alla stagione asciutta

di fare un vers sono in pensiero.                         8

 

Son pensoso d’un gran verziere

che di belle piante ha boschetti;

buoni gli innesti, vano il frutto:

quelli da cui peggio s’aspetta,                           12

foglia e fiore, paion di melo,

ma sono salice e sambuco

al frutto, e poiché il capo è stupido

son dolenti le estremità.                                    16

 

Morti son gli alberi che c’erano,

sono i vivi sterpi e festuca;

li vedo a grandi prove inetti,

ma nelle giostre s’affaccendano;                     20

a promettere baldanzosi,

al fare salice e sambuco;

li chiamiamo parolai imbelli

io e tutta l’altra gente al soldo.                         24

 

Quando la notte sono al fuoco

don Stefano, Costante ed Ugo

[ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ]

più che Berart de Monleydier;                           28

tutta notte al gioco rilanciano,

e il giorno all’ombra dei sambuchi

sentireste chiasso e baldoria

e i raddoppi sulla scacchiera.                           32

 

Dunque ai padri non assomigliano

questi nel bene? Sì, ai caduti,

purché Cozer e Sarlucs valgano

quanto Tolosa e Montpellier!                            36

So com’era chi ora è morto,

e i più dei vivi son sambuco,

ed è baciato dalla sorte

chi trova alloro oppure olivo.                             40

 

Il giardiniere col custode

fugge a un po’ di vento a occhi chiusi;

per la schiavina e per gli zoccoli

mantello e scarpe hanno lasciato;                    44

e non c’è traccia del fattore:

che rabbia salice e sambuco!

se gli manca un re o un conte o un duca

saranno sempre vagabondi.                              48

 

Salvi Dio chi valore ha integro,

che i grandi vili son sambuchi;

perciò il mondo è ristupidito,

e da ciò mali e infermità.                                   52



    Testo: Aurelio Roncaglia, Marcabruno: Al departir del brau tempier, «Cultura

neolatina», XIII, 1953, pp. 5-33; cfr. anche Simon Gaunt, Ruth Harvey, Linda M.

Paterson, Marcabru: A Critical Edition, Cambridge, D.S. Brewer, 2000.

    Il v. 27 manca nel ms. unico (C).

    Da Gaunt-Harvey-Paterson accetto al v. 34 faducx ‘i morti’ (da *fatucus

‘sfortunato’), con la conseguente interpretazione di en totz bos sens, ma

non l’emendamento in pareion ‘somigliano, pareggiano’ di pairejon

(paireion nella grafia del ms.) da pairejar ‘somigliare al padre, ai padri,

agli antenati’, che si ritrova poi nella prima tornada di Bertran de Born, Puois

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